Acqua pubblica? RIPUBBLICIZZARE SI PUÒ!
Ottobre 13th, 2009 | Published in No alla privatizzazione dell'acqua
Fonte: Il Caffè
Lasciare Acqualatina si può e conviene. Ecco i conti veri
di Roberto Lessio
Aprilia, non avendo ratificato il contratto, ci guadagnerebbe più degli altri. Basta far eseguire la delibera già votata
Lasciare Acqualatina si può e conviene.
Ecco i conti veri
E quei pochissimi Comuni che hanno firmato il contratto
dovrebbero dare al privato molti meno soldi di quanto
minacciato. Anzi, è il privato che ha debiti coi Comuni
È un autentico “affare” per gli
utenti la cifra indicata dal Presidente
del Consiglio di Amministrazione di
Acqualatina Spa, il senatore Claudio
Fazzone, per far tornare interamente
in mano pubblica la proprietà dell’attuale
gestore del servizio idrico nell’ATO
4. Anche se si tratta di una cifra
inesatta, calcolata “al volo” e
fuorviante.
Rispondendo ad una provocatoria
lettera del Sindaco di Terracina Stefano
Nardi che si era espresso in tal
senso, Fazzone, dopo alcuni calcoli e
passaggi alquanto approssimativi, ha
indicato in circa 63 milioni di euro
(63.300.889,53 per la precisione)
il costo complessivo. Che mediamente
fanno 100 euro a
residente nell’intero ATO
4 e circa 400 euro ad
utenza.
E chi come Aprilia,
Anzio, Cori, Bassiano,
Amaseno, Pontinia ha
non ratificato il contratto
di gestione, addirittura
non ci perderebbe nulla.
Basta riprendersi reti e
impianti.
RIPRENDERSI LE RETI COSTA
MENO CHE RESTARE COSÌ
Per comprendere ancora meglio
perché uscire ora da questa controversa
gestione è un ottimo affare, basta
considerare le attuali salassate a
prescindere dal consumo effettivo
per la cosiddetta quota fissa (quantità
di acqua che si paga comunque,
anche se non si consuma): per il solo
fatto di avere un contatore allacciato,
un utente ordinario quest’anno
pagherà 46,87 euro, un esercizio
commerciale 110,36 euro (stessa cifra
per le fontanelle pubbliche) ed
un’utenza industriale 412,73 euro. Lasciando
l’attuale gestione idrica, gli
utenti risparmierebbero quei soldi
che ora sono costretti a pagare anche
senza consumare e perciò quei
400 euro ad utenza media per pagare
il presunto costo d’uscita da Acqualatina
annunciato da Fazzone, in poco
tempo è già ammortizzabile.
I COMUNI AVANZANO SOLDI
Ma lasciare questa gestione è ancora
più conveniente se si considerano
anche altre cifre che il Presidente
di Acqualatina non evidenzia nella
sua comunicazione, pur avendole indicate
nella relazione e nella nota integrativa
all’ultimo bilancio approvato
e dai lui stesso firmato.
Anche Fazzone, come gli altri
“fans” della società, ha conteggiato
(ammesso che lo abbia fatto lui) solo
le cifre che andrebbero calcolate per
“risarcire” il socio privato Idrolatina
Srl, ma omette di spiegare che lo
stesso socio è debitore al 49% verso i
Comuni per alcune grosse somme
che questi vantano nei confronti di
Acqualatina; ad esempio i 6 milioni di
euro iscritti a bilancio per il canone
di concessione di reti e impianti, che
stranamente nessun Comune (pur in
grave crisi finanziaria) esige.
Inoltre il senatore del PdL parla
della restituzione al socio privato di
“anticipazioni” pari a 10,5 milioni di
euro. In realtà dai bilanci risulta che
l’unico prestito fornito nel 2005 da
Idrolatina Srl (il socio privato) ad Acqualatina
era di 10,2 milioni ed è stato
già interamente restituito nel 2007
una volta attivato lo spericolato finanziamento
con la Depfa Bank di
114,5 milioni di euro.
SI EVITANO 70 MILIONI DI EURO
PER INTERESSI A DEPFA BANK
È proprio dentro quest’ultimo prestito
che sta la “cuccagna” per gli
utenti, costretti a pagare anche con
la forza e con idraulici stacca-contatori
muniti di scorta armata.
Il contratto di finanziamento infatti
prevede che fino al 2031, attraverso
le bollette Acqualatina dovrà sborsare
alla banca quasi 70 milioni di euro
solo di interessi (mediamente 280 euro
ad utenza). Cifra semplicemente
folle.
Ad esempio quest’anno, sempre e
solo per gli interessi da versare alla
banca, pagheremo oltre 3,5 milioni
di euro (rispettivamente 1,704 a fine
giugno e 1,814 a fine dicembre), per
un prestito le cui rate di restituzione
vera e propria inizieranno
dal 2012: per i primi 5 anni
stiamo pagando solo interessi.
Poi ci sono le
commissioni bancarie,
spese varie,
ecc. che di solito
in questo tipo di
operazioni legate a
prodotti finanziari
derivati, quelli che
hanno generato l’attuale
crisi mondiale,
aumentano ulteriormente
la spesa complessiva.
COMUNI NEL VORTICE DEGLI
SPECULATORI FINANZIARI
Non a caso lo stesso Fazzone ha
dovuto dichiarare nell’ultimo bilancio
la presenza di “net swaps” (tipici
prodotti derivati) legati a quel finanziamento,
cosa sempre negata. Operazioni
ritenute illegali da parecchie
Procure d’Italia oltre che dalla Corte
dei Conti.Come noto, l’intera operazione
Depfa è stata approvata a maggioranza
dalla Conferenza dei Sindaci
dell’ATO 4 del 12 dicembre 2008
(dopo oltre un anno e mezzo dalla
stipula del contratto di finanziamento)
e non risulta che Sindaci e loro
delegati abbiano letto a dovere il
complicato contratto e quasi nessuno
è passato per il voto dei Consigli
Comunali.
Ma la recente sentenza del Consiglio
di Stato del 15 settembre scorso
ha di fatto rimesso in discussione
l’intera faccenda. Il massimo grado
di giustizia amministrativa infatti ha
decretato definitivamente che solo i
Consigli Comunali (e nessun altro)
hanno il potere-dovere di approvare
o meno gli atti fondamentali che regolano
i loro rapporti con il gestore,
compreso il contratto (Convenzione
di gestione, finora bocciata da 6 Comuni:
Aprilia, Anzio, Cori, Pontinia,
Bassiano, Amaseno). Ciò dovrebbe
valere anche per quegli atti di carattere
finanziario che possono incidere
sul bilancio di ogni Comune. E
non mancano i risvolti penali.
LA BOMBA RESTA IN MANO
A SINDACI E CONSIGLIERI
La Depfa Bank come garanzia per
riavere i soldi ha preteso il pegno sulle
azioni e sulle quote sociali detenute
da numerosi Comuni soci di Acqualatina
(oltre che di tutto il capitale
detenuto dal socio privato). Perciò
ora la bomba rischia di scoppiare in
mano a quegli amministratori che
hanno avallato quell’incauta operazione.
Ben pochi Comuni infatti
hanno approvato delibere consiliari
per la costituzione
del pegno; ma, affinché
quelle deliberazioni
siano valide, bisogna
che gli stessi abbiano
in precedenza
approvato l’ormai
famosa Convenzione
di Gestione
(contestata – attualmente
senza esiti –
dalla Regione Lazio),
che dovrebbe regolare
i rapporti tra ciascun Comune
ed Acqualatina.
Se i politici
dormono, può
agire il cittadino
E se non si muovono i Sindaci,
la stessa sentenza del Consiglio
di Stato chiarisce che i cittadini
comuni (in quanto utenti
“danneggiati” dai disservizi)
hanno lo stesso potere di intervento
sostitutivo, possono cioè
agire loro in tribunale. Ora, anche
se ridimensionata e quasi
svuotata, c’è anche la Class Action,
la possibilità di chiamare
in causa collettivamente chi produce
un danno ai cittadini e agli
utenti.
Per non parlare del possibile
interevento della Corte dei Conti
che può condannare gli amministratori
pubblici che danneggiano
le casse degli enti.