Perchè solo uniti si vince contro la crisi e i licenziamenti…

Ottobre 15th, 2009  |  Published in Migranti e razzismo

ROMA SABATO 17 OTTOBRE MANIFESTAZIONE ANTIRAZZISTA.
Pulman da Napoli ore 9 P.zza Garibaldi

www.17ottobreantirazzista.org

…perchè 3,5 milioni di persone in Italia vivono sotto leggi diverse in uno stato di apartheid; perchè 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici nel nostro pase sono discriminati/e a causa della loro provenienza; perchè non basta nascere in Italia per avere uguali diritti; perchè nel nostro paese ci sono i lager e si chiamano Centri di Identificazione ed Espulsione; perchè la Fortezza Europa è solo un’ipocrisia per creare clandestini; perchè solo uniti si vince contro la crisi e i licenziamenti

…e se non siete ancora convit@ a venire a Roma il 17 ottobre leggete  questo bellissimo articolo di Vincenza Perilli. http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.com/ 

NOI NON SIAMO COMPLICI

Quante volte, studiando la storia del Novecento, è capitato di chiedersi perché durante il nazismo la gente facesse finta di non vedere quanto avveniva nelle strade delle proprie città – rastrellamenti, soprusi, violenze – e di non sapere ciò che succedeva nei lager? E quante volte la risposta è stata “Io non avrei potuto far finta di niente”? E allora perché oggi tante, troppe persone, fingono di non vedere quello che succede nelle strade, fingono di non capire gli effetti mortali che il cosiddetto “pacchetto sicurezza” ha sulla vita di migliaia di esseri umani, fingono di non sapere che nelle città in cui viviamo ci sono luoghi che, per come ci si viene rinchiusi/e e per alcune delle violenze che vi vengono esercitate, ricordano i famigerati lager di stampo nazista?

Questi luoghi si chiamano Cie
– Centri di identificazione ed espulsione, nuovo nome per i Cpt – Centri di permanenza temporanea creati nel 1998 con la legge Turco-Napolitano e disseminati su tutto il territorio nazionale. Da tempo le migranti e i migranti detenute/i denunciano le spaventose condizioni di vita all’interno dei Cie, le continue violenze e umiliazioni, i pestaggi, le malattie non curate e le morti sospette. Ciononostante il ministro Maroni ha annunciato recentemente, in nome della “sicurezza”, la costruzione di nuovi Centri di identificazione ed espulsione. Hanno provato a raccontarci che nei Cie vengono rinchiusi i “clandestini” perché gli stranieri sarebbero tutti, secondo la retorica del razzismo istituzionale, criminali e potenziali stupratori, e che quindi, anche senza che abbiano compiuto alcun reato, è giusto che stiano rinchiusi lì anche per 6 mesi per poi venire espulsi dall’Italia.

Ma noi sappiamo cos’è la sicurezza di cui ci parlano. Sappiamo cosa sono i Cie. Sappiamo cos’è il razzismo istituzionale. E sappiamo cos’è la violenza. Sappiamo per esperienza che i luoghi pericolosi per le donne sono soprattutto le case in cui viviamo, i luoghi in cui lavoriamo, le canoniche e le questure nelle quali abbiamo la sventura di avventurarci o di essere portate. E anche le quattro mura di un Cie, dove tantissime donne subiscono molestie, torture e stupri da parte dei loro guardiani. Umiliazioni e violenze che le donne migranti non hanno mai smesso di denunciare. Come Raya, una delle donne migranti rinchiuse nel Cie di via Mattei a Bologna, che lo scorso maggio è stata picchiata da un poliziotto in borghese e poi lasciata svenuta sul pavimento sotto gli occhi indifferenti degli operatori della Misericordia, il “misericordioso” ente che gestisce il Centro. O come le donne migranti che nel Cie di Lampedusa hanno intrapreso, all’inizio dell’anno, una lunga rivolta per protestare contro i rimpatri, denunciare le condizioni all’interno del Cie e chiederne la chiusura. O come la protesta delle compagne di Mabruka, donna di origini tunisine da 30 anni in Italia, che si è impiccata nel Cie di Ponte Galeria a Roma ad aprile pur di non essere deportata, protesta che si è poi estesa alle camerate degli uomini. O come Joy, una donna africana imprigionata e processata a Milano per essersi ribellata, lo scorso agosto, ad un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo del Cie Vittorio Addesso e alle condizioni disumane in cui, con altre donne e uomini, era costretta a vivere nel Cie di via Corelli. Per le sue dichiarazioni Joy rischia, ora, un processo per calunnia, perché nell’Italia del terzo millennio questi lager non si possono mettere in discussione, e quello che accade lì dentro deve restare omertosamente nascosto. Proprio come la violenza sessista che le donne subiscono in famiglia e nei luoghi di lavoro.

Noi sappiamo e non vogliamo tacere. Non vogliamo essere complici delle violenze perpetrate contro le donne migranti in nome della “sicurezza”. In concomitanza con la sentenza per la rivolta nel Cie milanese di via Corelli, abbiamo scelto di trovarci davanti al Cie di Bologna per esprimere alle donne rinchiuse lì la nostra vicinanza solidale, ma anche e soprattutto per denunciare all’esterno quello che accade dentro questi lager del terzo millennio. E tu? Continuerai a far finta di non sapere?

ROMA SABATO 17 OTTOBRE MANIFESTAZIONE ANTIRAZZISTA.
Pulman da Napoli ore 9 P.zza Garibaldi

Comments are closed.