L’acqua e il diritto a decidere
Maggio 25th, 2010 | Published in No alla privatizzazione dell'acqua
di Fabrizio Valli e Fabio Ruggiero*
Il pensiero unico che associava al libero mercato
l’espansione della democrazia e la risoluzione dei problemi globali
(fame, analfabetismo, povertà, salvaguardia del pianeta…) è oramai
crollato sotto il peso della realtà. Il capitalismo, di cui il
neoliberismo è stato il tentativo di creare il modello più simile al
suo ideale, vive una crisi che deriva dai suoi meccanismi fondamentali
ed è insieme economica, ambientale e di democrazia.
Certo i paesi del sud del mondo subiscono da tempo e in maniera acuta
le conseguenze nefaste del del neoliberismo. Per loro il libero mercato
è da sempre associato a povertà di massa, ma anche nei paesi del nord
questo modello significava maggiore ineguaglianza tra ricchi e poveri,
maggiore sfruttamento del lavoro e condizioni di vita peggiori per
amplissimi strati della popolazione. Oggi il neoliberismo dimostra il
suo fallimento totale anche negli stati che l’hanno esercitato su scala
globale.
La crisi economica che attanaglia l’economia mondiale
sta mostrando sempre più la sua profondità. Nata dal centro del
sistema, la finanza statunitense, si è propagata per il mondo e ha
fatto emergere la fragilità dell’ “economia reale” sulla quale si era
costruita la bolla speculativa. Una economia la cui “realtà” coincide
con l’astrattezza della massimizzazione del profitto. L’illusione
finanziaria che il denaro crei magicamente altro denaro è solo il passo
conseguente.
Questa ricerca di sempre maggiori profitti, e la
sovrapproduzione che ne deriva, hanno portato non solo alla crisi
economica, ma anche all’esaurimento delle risorse naturali e l’enorme
incremento delle emissioni nell’ambiente. Se non vengono intraprese
misure immediate, le conseguenze dell’effetto serra saranno tragiche
per centinaia di milioni di persone e per l’ambiente. Ma le azioni dei
governi che vengono (o vorrebbero) essere intraprese contro questa
crisi, si scontrano con un limite difficile da superare nei profitti
delle lobby energetiche e nei profitti che si possono ricavare dalla
“green economy”.
L’idea che l’intero pianeta debba essere considerato un
unico grande luogo di scambio di merci e di circolazione dei capitali
finanziari ha radicalmente trasformato i diritti in bisogni e i servizi
in merci da comprare. La necessità di rispondere in tempi rapidi alle
richieste dell’economia basata sul profitto privato, di contenere il
conflitto sociale che queste stesse richieste generano, ha reso i già
inadeguati strumenti della democrazia rappresentativa un intralcio.
Oggi infatti è l’idea stessa di rappresentanza ad essere in crisi. In
Italia ne sono segnali i tentativi di rafforzamento dell’esecutivo così
come l’enorme scollamento che c’è sulla questione della privatizzazione
dell’acqua, tra un parlamento favorevole nella sua totalità ed una
opinione pubblica in sua maggioranza contraria.
In Italia la privatizzazione di tutto ciò che era tradizionalmente a
gestione pubblica ha trasformato gli amministratori locali, da
tradizionali gestori dei beni comuni e dei servizi pubblici, in
‘sceriffi’. Il razzismo e le politiche securitarie sono insieme uno
strumento di divisione del conflitto sociale e progressiva riduzione
della democrazia.
Una delle risposte a questa crisi è quella della
ricostruzione di una sfera pubblica gestita collettivamente come
garante dell’interesse generale. Lottare alla costruzione di questo
spazio per garantire a tutte e tutti, migranti e nativi, i diritti
inviolabili (diritto all’acqua, alla salute, alla casa…) non è diverso
da lottare contro questa crisi. Anzi, contribuisce a dare un orizzonte
comune ai soggetti che subiscono la crisi, a costruire quei legami
sociali rotti dalla competizione individuale nel mercato del lavoro,
dal razzismo, dalla distruzione della sfera pubblica, in una parola
dalla solitudine competitiva.
La crisi ambientale, inoltre, rende non più rinviabile
una radicale trasformazione del modello produttivo ed energetico e
della società, attraverso una nuova pianificazione, democratica e
partecipativa. Occorre passare dal consumo critico alla critica della
produzione, verso un modello basato sul risparmio energetico e su
un’energia pulita, territoriale, democratica. Ogni singola vertenza,
comprese quelle per la difesa del posto di lavoro, va affrontata
nell’ottica di una critica della produzione che tenga insieme
l’elemento della giustizia economica, l’ambiente e la questione di chi
decide cosa e come produrre.
Da questo punto di vista la battaglia per la
ripubblicizzazione dell’acqua, così come articolata dai movimenti in
Italia è nel mondo, può essere la traccia di una riappropriazione
sociale che tenga insieme l’idea del rovesciamento del sistema
economico basato sui profitti, con la salvaguardia del pianeta e
l’apertura di spazi democratici più ampi di quelli della rappresentanza
politica parlamentare. In un mondo in cui noi non decidiamo nulla delle
nostre vite ripartiamo dal riappropriarci di ciò che ci appartiene.
Compreso il diritto a decidere.
Attac Italia*