L’acqua e l’imbroglio della Regione Campania
Febbraio 15th, 2010 | Published in No alla privatizzazione dell'acqua
Dopo l’approvazione della legge Ronchi e relativo articolo
15, si sono levate proteste da più parti ed una forte opposizione
contro la privatizzazione dell’acqua si sta allargando nel paese,
tanto che in tutta Italia fervono i preparativi per la manifestazione
nazionale del 20 marzo, per la ripubblicizzazione dell’acqua e la
difesa dei beni comuni, e la raccolta firme per un referendum che
dovrebbe partire ad aprile. Così come sono sempre di più gli enti
locali che aderiscono alla campagna del Forum Italiano Movimenti per
l’Acqua per il cambiamento degli statuti comunali, affinché
dichiarino l’acqua diritto universale ed il servizio idrico “privo
di rilevanza economica”.
Ma sull’onda dell’entusiasmo
c’è chi è interessato solo a confondere le acque e cercare
consensi elettorali.
È il caso ad esempio della Regione
Campania. L’ultima finanziaria regionale approvata il 21 gennaio,
infatti, si apre legiferando sul servizio idrico regionale:
"La
Regione Campania disciplina il servizio idrico integrato regionale
come servizio privo di rilevanza economica" proclama il primo
rigo del testo (che trovate a questo link).
La
nostra ribelle e "sinistra" Regione, insomma, sembra
sfidare la legge governativa in direzione di quello che tanti enti
locali stanno facendo in questo periodo sotto la spinta della
campagna nazionale "salva l’acqua" per il cambiamento
degli statuti comunali.
Ma è davvero così?
Purtroppo no,
e non ce ne sorprendiamo. La Regione Campania ha sempre avuto una
vocazione privatrizzatrice e in questa legge finanziaria non si
smentisce.
Poco dopo infatti afferma che "le aziende
operative nella regione Campania devono avere la maggioranza assoluta
dell’azionariato a partecipazione pubblica". La maggioranza
assoluta è il 50%+1. Quindi per la Regione "servizio privo di
rilevanza economica" significa affidare l’acqua a società per
azioni miste, con capitale al 51% proveniente da enti pubblici ed al
49% da aziende private (multinazionali ed affini). Per la Regione
insomma società come Acea, che vedono il capitale pubblico al 51%
percento, gestiscono un bene privo di rilevanza economica, facendo
intendere che conservano la loro natura pubblica. Lo stesso varrebbe
per la Gori al 51% dell’ente d’ambito Ato 3 Campania. Ma
l’esperienza concreta di milioni di cittadini in Italia dice
qualcosa di diverso.
Limitandoci al territorio campano, è
proprio l’esperienza delle lotte per l’acqua fatte in Ato3
Campania contro la Gori a dirci che la maggioranza pubblica
nell’azionariato non cambia una virgola rispetto alla gestione
privatistica dell’acqua. Aumenti delle tariffe e disservizi,
mancati investimenti per la rete idrica e, nel contempo, larghi
profitti per i soci privati, sono all’ordine del giorno. E proprio
recentemente la Gori sta esercitando un sopruso sulla popolazione di
Nola (Sa) tagliando l’acqua ai cittadini che, non avendo mai
riconosciuto il nuovo gestore, hanno continuato a pagare l’acqua al
comune.
Ma la nostra ribelle e ripubblicizzatrice Regione va
oltre e dichiara: "Tutte le forme attualmente in essere di
gestione del servizio idrico con società miste o interamente private
decadono a far data dalle scadenze dei contratti di servizio in
essere", ossia non ci si intromette negli affari di nessuno!
Continuate a lucrare sull’acqua e a vessare i cittadini fino alla
scadenza del contratto.
Ma quali sarebbero queste aziende a
rischio alla scadenza del contratto (nella remota ipotesi che questa
legge finanziaria non venga modificata in nessun modo nei prossimi
anni)? Per i dati che abbiamo (ultimo rapporto del Coviri sul
servizio idrico) in Campania 176 comuni gestiscono l’acqua tramite
aziende speciali enti e consorzi pubblici, e ben 206 sono le gestioni
in economia; ossia, trattandosi di piccoli comuni, il comune gestisce
direttamente il servizio attraverso un suo ufficio. Quindi per ben
382 comuni nessuna azienda privata rischierebbe di vedersi in fumo
gli affari, anzi si aprirebbero degli spazi alla privatizzazione
proprio in virtù di questa legge regionale combinata con la legge
Ronchi. Per la Gori invece, unico affidamento riuscito in Campania e
che gestisce l’acqua di 76 comuni, questa legge non costituirebbe
nessun problema anche se il contratto scadesse domani. Infatti avendo
il 51% di capitale pubblico potrebbe vedersi rinnovare il contratto
per altri 20 anni.
Quali sono allora le aziende interessate?
Definirlo con certezza è difficile perché i dati sono scarsi .
Sicuramente la Ottogas di Casoria, azienda privata tout court, tra
vent’anni, quando le scadrà il contratto appena rinnovato, avrebbe
grossi problemi. Immaginate come è impallidito l’amministratore
delegato alla notizia che tra vent’anni gli avrebbero rovinato
l’affare! Altri business come quelli della Gesesa, del gruppo
Gruppo CREA SpA, acquisito da Acea nel 2006, che gestisce l’acqua
di Benevento ed in altri comuni del Sannio potrebbero essere in
pericolo alla scadenza del contratto… tra qualche annetto!
Insomma
tutto è compatibile con quello che sono gli assetti attuali e gli
affari dei privati nella gestione del servizio idrico.
In
poche parole una trovata elettorale becera, se non altro dal sapore
di truffa, che alcuni partiti della sinistra, a loro dire vicini ai
movimenti, che siedono in Giunta ed in Consiglio Regionale, hanno
sbandierato come una conquista. “Conquista” che verrà
sicuramente utilizzata come prova avanti ai simpatizzanti, in vista
delle regionali, per dire che 20 anni di connivenza col bassolinismo
portano a qualcosa.
Una trovata che però offende i comitati
civici che in questi anni hanno lottato e continuano a lottare per la
gestione pubblica e partecipata dell’acqua senza ambiguità. Una
trovata che deprime chi in questa regione ha ancora voglia di una
sinistra coerente, utile alla giustizia sociale, portatrice di
conflitto ed autorganizzazione sociale. Una sinistra che sarebbe
molto utile al movimento per l’acqua, ma purtroppo tutta da
costruire.
Fabio Ruggiero