Verso il referendum sull’acqua

Aprile 9th, 2010  |  Published in No alla privatizzazione dell'acqua

Raphael Pepe

In numerose città d’Italia, da anni si sono costituiti
dei comitati cittadini per difendere l’acqua pubblica. Oggi, la
legislazione italiana costringe purtroppo gli enti locali a mettere
l’acqua sul mercato, considerando così l’acqua come una merce qualsiasi
e non come un bene comune privo di rilevanza economica.

L’esempio delle grandi città europee
Mentre grandi città europee come Amsterdam, Bruxelles e Parigi hanno
scelto di tornare ad una gestione pubblica, le città italiane non hanno
più la libertà di fare questa scelta.
A Parigi, l’acqua è stata privatizzata nel 1985, la gestione del
servizio idrico era affidata alle due più grandi multinazionali
dell’acqua, Veolia e Suez. Prima della scadenza delle concessioni nel
dicembre 2009, il comune di Parigi ha proposto un referendum interno
per chiedere ai cittadini se fossero favorevoli ad una gestione
pubblica. Dopo l’approvazione dei cittadini, il comune si è
riappropriato la gestione di questo bene e da gennaio una sola società
pubblica ha sostituito la società mista che si occupava della
produzione e le due società private che si occupavano della
distribuzione. Il prezzo dell’acqua è già sceso di quasi il 30% e non
verrà incrementato nei prossimi cinque anni. Non ci saranno più
profitti sull’acqua perché il comune di Parigi ha inserito nel suo
statuto che questo bene fosse « privo di rilevanza economica », il
denaro sarà reinvestito per garantire un miglioramento del servizio ai
cittadini parigini e tutti i dipendenti delle tre società sono stati
assunti dalla nuova società pubblica.
In Europa, nessuna normativa stabilisce che tipo di gestione i comuni devono adottare, il caso italiano è unico.

Dalla 133 alla legge Ronchi
Nel 2008, in tutta Italia migliaia di studenti sono scesi per le strade
per denunciare la legge 133 proposta da Tremonti, questa legge che
tagliava i fondi alle università pubbliche non era una riforma
dell’istruzione, ma una legge finanziaria. L’articolo 23 bis della 133
impone agli enti locali di mettere sul mercato la gestione dei trasporti, dei rifiuti e dell’acqua. L’articolo 23 bis è stato
modificato dall’art. 15 del decreto 135/09, e coordinato con la legge
di conversione del 20 novembre 2009, n. 166, la legge Ronchi. Tale
normativa stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio
idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento
a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il
privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. Con
questa ultima norma, il governo Berlusconi voleva mettere fine al
lavoro dei comitati per l’acqua pubblica in Italia, imponendo la
privatizzazione.
Data la situazione, per potere arrivare ad una gestione pubblica
dell’acqua, e per fare si che questo bene sia considerato un diritto e
non più una merce, il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha
deciso di andare verso il referendum.

Inizia la partita del referendum in Italia
Il 24 aprile, partirà in Italia la raccolta firma per un referendum che
si propone di abrogare le leggi che impongono la privatizzazione.
Il primo quesito si propone di abrogare l’articolo 23 bis della
133/2008 e quindi della legge Ronchi (166/2009) del 20 novembre scorso.
Gli altri due quesiti vogliono abrogare li articoli 150 e 154 della
legge 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente) approvata dal governo Prodi.
L’articolo 150 definisce come uniche modalità di affidamento del
servizio idrico integrato la gara o la gestione attraverso Società per
Azioni. In questo caso, anche con una SPA pubblica, alternativa
proposta da numerosi partiti, la gestione risponderebbe alle logiche di
mercato e l’acqua sarebbe quindi considerata una merce. Abrogare questo
articolo è tuttora necessario per non consentire più il ricorso a gare
di appalto o all’affidamento della gestione a società di capitali.
L’articolo 154 dispone che la tariffa per il servizio idrico è
determinata tenendo conto dell’ « adeguatezza della remunerazione del
capitale investito ». Si consente al gestore, con questo articolo, di
ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulle bollette un
7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a
qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento quantitativo
del servizio.

Per l’abrogazione di questi provvedimenti, il
referendum popolare è ormai l’unica strada possibile, e una vittoria
sarebbe un grande passo verso la ripubblicizzazione dell’acqua, e
sarebbe un esempio per la gestione di altri beni comuni fondamentali.

Per proporre questo referendum, abbiamo tre mesi per
raccogliere 500 000 firme. Il referendum si farebbe poi nel 2011. Serve
l’aiuto di tutti coloro che considerano l’acqua un bene comune da
difendere, ogni firma sarà un contributo a questa lotta e chi volesse
raccogliere le firme darebbe un contributo ancora più grande.
Nel comitato promotore non c’è nessun partito, questo referendum è
proposto dai cittadini, ai partiti si è solo concessa la possibilità di
fare parte del comitato di sostegno. Nell’ultimo mese, il Forum
Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha persino rinunciato all’appoggio
dell’Italia dei Valori che non si voleva limitare ad essere tra i
sostenitori, ma pretendeva di essere tra i promotori. Così facendo non
si è permesso a nessun partito di strumentalizzare questo referendum.

Il referendum e i partiti
Alcuni criticano la scelta referendaria considerandola una mossa
strumentalizzata dai partiti. L’esempio dell’Italia dei Valori, però,
dimostra che non è così.
L’Italia Dei Valori ha annunciato la promozione autonoma e solitaria di
un “grappolo” di referendum, tra i quali anche l’acqua, iniziando la
campagna il 1 maggio. Questa scelta crea confusione, è del tutto
irrispettosa di un percorso che hanno costruito cittadini e cittadine
di tutta Italia. Invece di contribuire a raccogliere le firme per il
all’interno della coalizione unitaria, come altri partiti hanno scelto
di fare senza essere promotori del referendum, l’Italia Dei Valori
vuole proporre un referendum che fa concorrenza a quello proposto dal
Forum. E lo hanno annunciato il giorno dopo che i tre quesiti proposti
dal Forum sono stati depositati alla Corte di Cassazione. Il 4 marzo,
in un incontro tra l’IDV e il Forum dell’acqua, il partito di Di Pietro
aveva dato la sua parola che non avrebbe proposto un altro referendum.
Oggi si cerca di convincere questo partito ad abbandonare questa scelta che può’ solo essere dannosa per il percorso scelto.

Partecipa al referendum
per l’acqua pubblica!

Per chi fosse
interessato a contribuire alla raccolta firme in Campania, può
consultare
http://www.acquabenecomune.org/index.php
e
http://www.italia.attac.org/spip/.
Il Comitato Campano per l’acqua pubblica e Attac Napoli hanno anche
una loro pagina facebook. Basta lasciare un messaggio e vi
informeremo sulla campagna e su come potete aiutarci.

 


Comments are closed.